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Famiglia e Disturbi Alimentari durante la pandemia da Covid-19

L’ESPERIENZA DI MUTUO AIUTO

 

Come Associazione L’Abbraccio in questi mesi di lock down ci siamo interfacciati nei gruppi di Mutuo Aiuto per dare supporto a molte famiglie già coinvolte nei Disturbi Alimentari (come anoressia, bulimia e binge eating  disorder) e ad altre entrate da poco nel loop della malattia, inviateci dal Centro Provinciale Disturbi Alimentari di Treviso e dall’Ambulatorio dedicato di Conegliano.

Noi del Direttivo de l’Abbraccio, insieme ai nostri psicologi di riferimento per i gruppi MA di Treviso e Pieve di Soligo (Marco Penzo e Francesca Corocher), ci siamo chiesti se fosse il caso di attivare i gruppi di Mutuo Aiuto in video-conferenza.

Ma sentendo alcuni utenti e cogliendo il senso profondo della sofferenza e del disagio familiare, che non sono facili da narrare e elaborare se non in presenza, abbiamo scelto di farlo su WhatsApp, per garantire a ognuno la libertà di esprimersi e la giusta privacy.

Certamente l’isolamento sociale imposto ha contribuito ad alimentare in chi soffre di DCA ansie, angosce e comportamenti ossessivi.  In diverse occasioni poi, le nostre referenti si sono a lungo intrattenute al telefono con mamme preoccupate per i propri cari, bisognose di supporto e di ascolto, perché la malattia era suo culmine e dovevano essere indirizzate al Centro.

È stata comunque avvertita dalle famiglie, specie da chi è nel pieno del problema, la necessità del confronto nel gruppo di Mutuo Aiuto, specie in un momento di grande incertezza come quello che stiamo attraversando. Questo è sicuramente un servizio che L’Abbraccio metterà come primo obiettivo alla possibile riapertura, perché permette alle famiglie di lavorare sulle difficoltà del disagio per trovare risorse individuali e di coppia, indispensabili per affrontare i percorsi di cura.

 

 

Premessa

Marco Penzo e Francesca Corocher

Qualunque genitore sa quanto educare sia un compito difficile e faticoso, ma quando i figli manifestano difficoltà alimentari, è comprensibile sentirsi ancora più ansiosi e frustrati. Se alla preoccupazione sulle modalità alimentari dei figli aggiungiamo le limitazioni dovute alla pandemia di COVID-19, è facile comprendere quanto la ricerca di un equilibrio familiare sia stata ancora più complicata.

Da un lato la casa ha rappresentato il luogo sicuro dalle minacce del virus, ma dall’altro anche una gabbia che ha limitato le nostre libertà. La famiglia, in cui spesso emergevano conflitti legati alla gestione dell’alimentazione e al bisogno di autonomia dei figli, è diventata il principale contesto di connessione e contatto fisico. Infine, dal cercare di essere il più efficaci possibili nella relazione con i figli, siamo stati incoraggiati a stare di più in compagnia di noi stessi.

In un contesto di cambiamento globale, in cui le distanze imposte ci hanno allontanato fisicamente, abbiamo affrontato l’angoscia dell’isolamento con l’ascolto, l’accoglienza e la condivisione, seppur a distanza. Sapere di non essere soli, nella pandemia, ma anche nell’essere genitori di figli con un disturbo alimentare è stata una preziosa risorsa che ha aiutato a trovare un significato nelle difficoltà, rendendole più tollerabili e gestibili, traducendo, un passo alla volta, la sopraffazione in speranza.

 

 

Domande & Risposte

F.C.: “Ogni genitore fa del proprio meglio per essere un buon genitore per i propri figli. Ma come per tutti gli scopi, più teniamo a qualcosa, più tendiamo a vedere le difficoltà come un test sulle nostre capacità. Quali sono state le preoccupazioni relative al ruolo di genitore più diffuse in questi mesi?”

A:   Per le famiglie il lock down ha comportato non solo le restrizioni e gli obblighi del distanziamento sociale, della sospensione delle attività lavorative, delle attività scolastiche e universitarie dei figli, della cessazione di ogni attività relazionale e sociale in presenza, ma ha anche intensificato nei genitori le paure e le ansie che nascono in ogni genitore che sente minacciata la salute, il benessere e le sicurezze dei sui cari. Il problema del lavoro e l’incertezza del futuro economico familiare hanno contribuito allo stress generale.  In questo periodo poi, essere collegati ai media e ai social ha amplificato la sensazione di fragilità di ognuno di noi e di un generale pericolo sociale. E talvolta, anche di diffidenza verso il prossimo e verso gli organi di informazione ufficiale.

Se pensiamo al grande e indispensabile coinvolgimento emotivo nella vita dei figli per i genitori in condizioni normali e all’aumento di questo stato dovuto alla emergenza, possiamo facilmente immaginare quanto un Dca in casa abbia contribuito ad alzare ulteriormente l’asticella dell’ansia. Talvolta, per vari motivi, è uno solo dei genitori che si fa carico della gestione delle problematiche di malattia, e questo rende le giornate più faticose e la responsabilità delle scelte da compiere maggiore.

 

F.C.:  “Essere genitori è un continuo esercizio di equilibrio tra opposti: cosa vi ha aiutato a proteggere i vostri figli dalle difficoltà del particolare periodo storico rispettando il loro bisogno di autonomia tipico dell’adolescenza?”

A:   Genitori e figli sono stati chiusi in casa in una situazione mai verificatasi prima: ridotte drasticamente le attività lavorative, scolastiche, sportive, ricreative e ludiche fuori casa. Rinuncia alle abitudini che prima ci proiettano verso le relazioni e il mondo esterno in modo sano e naturale. Pensiamo alle relazioni di amicizia e d’amore dei nostri figli! Ci ha aiutati il desiderio di rispettare uno spazio individuale che concedesse a ognuno la possibilità di fare in casa quanto prima veniva fatto fuori… Il fatto di essere vulnerabili al Covid-19 e ai Dca ci ha reso tutti, paradossalmente, più responsabili e consapevoli.

Responsabili socialmente, perché la salute degli altri dipendeva anche dai nostri comportamenti e dalla osservanza di semplici ma efficaci norme che ci limitavano sì negli spostamenti e nelle relazioni parentali e sociali, ma che permettevano il controllo e l’elusione del contagio, per noi e per i nostri cari. Quindi la possibilità di riacquistare di nuovo quella libertà individuale, che si sta concretizzando con la fase 2.

Consapevoli, perché, anche se imposta, questa chiusura forzata si è rivelata una grande occasione, per i più di ripensarsi come famiglia, per rimettere al centro i legami fondamentali della nostra vita, i valori che li sostengono e il desiderio di andare a migliorare la relazione con i propri figli, fratelli e compagni o coniugi in presenza di questo evento epocale.

 

La testimonianza di C.

Questo periodo di convivenza forzata è stato positivo perché abbiamo avuto più tempo per stare insieme per parlare, condividere i pasti e fare attività sia ludiche che lavorative.

Questi giorni sono stati utili a mia figlia perché avendo meno distrazioni ha avuto la possibilità di entrare in contatto con sé stessa e trovare la soluzione ad alcuni suoi problemi.  

Abbiamo anche rivalutato l’ambiente fisico in cui abbiamo sempre vissuto, la nostra casa, riscoprendo angoli sconosciuti o dimenticati da tempo.  La limitazione del non poter andare a fare la spesa nei luoghi abituali ha creato un adattamento iniziale e un minore spreco alimentare.”

 

M.P.:  “Quanto le restrizioni imposte, da un lato, vi ha fatto riscoprire un rapporto genitore-figli e, dall’altro, vi hanno obbligati a perdere quel distacco che la fase adolescenziale esige verso le figure di riferimento?”

A:   Questo distacco non è semplice per i genitori che stanno vivendo le fasi iniziali dei DA. Essi sono pesantemente influenzati dalla manifestazione dei sintomi e dal senso di inadeguatezza e impotenza per la sua gestione tra le mura domestiche. Per gli altri c’è il timore per una possibile ricaduta nel loop della malattia: in quei comportamenti disfunzionali che in una situazione eccezionale come questa ci appaiono minacciosi o inevitabili, specie se il percorso di cura è ancora all’inizio e poco strutturato come purtroppo spesso accade.  E si sa, l’ansia è contagiosa e tutta la famiglia, fratelli compresi, ne vengono risucchiati…

In generale possiamo dire che tutti in casa si sono messi in gioco, e soprattutto, molte cose sono state fatte insieme ai figli e alle figlie che prima mantenevano una distanza fisica ed emotiva. Si è tornati ad apprezzare le cose semplici e quelle piccole libertà che davamo per scontate e che ora appaiono preziosissime. Questo porta a riconoscere che anche i nostri figli hanno bisogno della loro autonomia e della loro libertà fisica e mentale. E contribuisce a migliorare il dialogo in famiglia.

 

La testimonianza di S. e R.

Il periodo di isolamento e di costrizione, ci ha messi alla prova sia per i timori legati alla salute sia per quelli legati alle difficoltà lavorative ed economiche. Pur rimanendo genitori con l’onere di essere sempre attenti e collaborativi, i nuovi ritmi di vita più umili e più lenti, hanno favorito la riscoperta del legame familiare e del piacere di cibarsi insieme.

Momenti sereni che ci fanno ben sperare. Il cibo vissuto e preparato con serenità, non più solo per riempire lo stomaco, ma gustando e assaporando insieme.

L’ambiente casalingo come rifugio in cui poter dialogare in tranquillità e sicurezza.

Sono venute ovviamente meno e se ne è sentita la mancanza, oltre alle consuete relazioni sociali, anche quelle del nostro gruppo di mutuo aiuto; con le emozioni, gli atteggiamenti e le espressioni di ciascuno; il calore dei saluti e degli abbracci; tutto quello che una chat non può sostituire.

Il futuro non sarà più lo stesso ma il genere umano saprà adattarsi consapevolmente.

La lezione ricevuta non dovrà farci perdere la fiducia nel prossimo.

Dobbiamo tornare quanto prima agli abbracci.”

 

Testimonianza di P. e I.

Sicuramente la lunga frequentazione dei gruppi ama ci ha aiutato ad affrontare con maggior consapevolezza e serenità la “costrizione” del lock down con i problemi che ha portato con sé. L’ impossibilità di “fuga” da tutte le situazioni critiche dalle discussioni infinite ci ha costretto inevitabilmente al confronto.

Abbiamo riscoperto nostra figlia, la sua sensibilità, le sue paure, le sue gioie e le angosce, le frustrazioni e le soddisfazioni e la cosa straordinaria, la possibilità e la voglia di confrontarsi con noi in serenità. Abbiamo sperimentato il piacere di stare insieme.”

 

 M.P.   “Ora che si sta guardando verso un ristabilirsi della normalità, con che criticità pensate al domani rispetto al dover “rischiare” di perdere un rapporto genitore-figlie ri acquisito durante le settimane di vicinanza forzata?”

A:   In generale possiamo dire che si è sperimentato un modo nuovo di stare assieme come famiglia. Per alcuni questa è stata una grande conquista, perché si è riscoperta una tranquillità quando eravamo abituati alla frenesia e alla fretta. Un equilibrio ritrovato, fatto di accoglienza di ascolto e di atteggiamenti appropriati per vedere nei nostri figli serenità e leggerezza, maturità nel pensiero e generosità ed emozioni nel cuore. E soprattutto il dialogo riconquistato, la possibilità di parlare in famiglia anche di qualcosa di scomodo e il sentire che le parole scioglievano le tensioni nascoste, liberando l’animo per guardare oltre i problemi.

Di certo la pandemia ci ha portato a guardarci dentro e a cercare significati nuovi al nostro modo di vivere in generale ma ci ha restituito anche un nuovo lessico familiare che va difeso e protetto.

Il cambiamento è sempre possibile e ci appare meno faticoso quando riusciamo a rivedere il modo con cui ci approcciamo ai problemi di ogni giorno. L’abbiamo sperimentato tutti in questo periodo di emergenza e sicuramente ne siamo usciti tutti più consapevoli e resilienti, pronti a metterci in gioco per riuscire a superare il dramma che ha investito le nostre vite e le nostre famiglie.

Per riuscire a trovare la positività nella vita di tutti i giorni anche quando tutto sembra renderlo impossibile.

 

 

 

“CREDO CHE NELLA VITA DI OGNUNO DI NOI ESISTA UN INNEGABILE PUNTO DI SVOLTA, UNA SERIE DI CIRCOSTANZE CHE ALL’IMPROVVISO CAMBIANO TUTTO…”

(N. Sparks)

Due genitori raccontano…

Ricordo il ricovero di Sara, la paura che potesse morire era così forte che mi creava un’angoscia soffocante , non c’era nessuno che ti spiegasse cosa stesse succedendo!

Eravamo soli, spaventati , impotenti contro quel “mostro” che il neuropsichiatra infantile definiva “malattia dell’onnipotenza”.

Sara aveva 15 anni e stava male già da due…

Non avevamo nessuna paura del giudizio delle persone , ne parlavamo con tutti, ma ci sconcertava l’ignoranza sulla malattia, la maggior parte delle persone, insegnanti, animatori parrocchiali, educatori, familiari , associano l’anoressia a un capriccio legato all’aspetto fisico e non a un profondo e angosciante disagio che fa sprofondare le nostre meravigliose figlie in una profonda voragine .

Ci siamo imbattuti nella curiosità morbosa, nel cinismo, nell’ironia a volte ( ho ben presente l’espressione ironica di un familiare mentre raccontavamo alcuni episodi “assurdi” che riguardavano una piccola ragazzina malata ).

La svolta c’è stata quando noi genitori abbiamo preso coscienza dei miglioramenti di Sara, finalmente dopo tanto tempo siamo riusciti ad alzare la testa e guardare in faccia la realtà.

Nostra figlia sta meglio ma non è ancora guarita…..

Il confronto con altri genitori che stanno affrontando lo stesso problema ci aiuta ad affrontare il futuro con molta serenità.

La malattia di Sara ha segnato profondamente la nostra famiglia, il suo dolore e il suo grande disagio ci coinvolge tutti a vario titolo.

Ora però abbiamo la consapevolezza che solo la sua volontà le permetterà di guarire, noi saremo sempre lì, pronti a sostenerla, con uno zaino sulle spalle pieno di esperienze, di dubbi, di errori commessi, ma con tanta volontà e soprattutto fiducia che ce la farà!!

 

[Lettera firmata]

Lettera alla bulimia

Ciao, maledetta bulimia.

Sono passati svariati anni dall’ultima volta che ti ho scritto.

Anni duri, lunghi, faticosi, anni che mi hanno permesso di scrivere questa lettera a mente lucida, non più offuscata dal male e dal dolore che mi hai fatto provare per gran parte della mia adolescenza.

Anni in cui mi sono impegnata a liberarmi di te, in cui ho lottato con tutta me stessa al fine di voltare pagina, mettere un punto e virgola, per continuare a vivere la mia vita senza di te, una zavorra, una palla di piombo al piede che mi ha tenuta prigioniera di me stessa per troppo, davvero troppo tempo.

Ti scrivo per un’ultima volta, questa volta però da persona forte, da persona viva, da persona sana.

Sei proprio meschina, mi hai impedito di vivere serenamente e in pace con me stessa per tantissimo tempo, facendomi credere cose non vere, facendomi isolare dalle persone che mi volevano bene, tenendomi stretta a te in una straziante morsa letale, da cui è stato difficile divincolarsi, ma da cui alla fine sono riuscita a fuggire.

Mi hai sempre trattata come una bambina, una bambina cattiva, inetta, non degna di amore, né da parte dei miei genitori, né da parte di altri. Mi hai fatto credere che tutti i complimenti ricevuti per la mia bravura fossero fasulli, fatti a caso, per farmi compiacere.

Mi hai fatta convincere di non valere nulla, di non essere una brava ragazza, di non valere niente. Mi hai ingannata facendomi delle promesse che alla fine non hai mantenuto, mentendo in modo spudorato.

Ho venduto me stessa a te, sacrificando gli anni più belli della mia vita alla ricerca di qualcosa che potesse realizzarmi, per colmare il vuoto interiore che provavo dentro. Mi ingannasti, promettendomi tutto ciò a cui ambivo per colmare il mio male: bellezza esteriore, intelligenza, spigliatezza.

Quel che non capii al tempo, fu che queste caratteristiche già le possedevo; ciò che hai fatto tu, è stato solamente impoverirmi fisicamente e mentalmente, riducendomi ad un automa quasi assente a sé stesso, incapace di riconoscere, distinguere e vivere emozioni. Mi hai addirittura fatto credere che la mia vita non valesse niente, mi hai fatto pensare di essere un peso per la società, per i miei amici, addirittura per i miei genitori.

Ho sprecato fin troppe giornate a sbattere contro le pareti del labirinto della mia mente, un labirinto fatto di dolore, disperazione e odio, dal quale non è stato facile uscire.

Lungo il mio percorso verso la vita, spesso mi sono sentita sola, senza speranze. Molte persone hanno cercato di indicarmi la via, ma continuavo a sbattere violentemente contro le mura che tu, bastarda, continuavi ad innalzare davanti a me, sbarrandomi il cammino, facendomi credere che da quel labirinto, trovare una via di uscita sarebbe stato impossibile, che sarei rimasta tua prigioniera per sempre. Io, però, non ho mai smesso di lottare.

Nonostante le tue menzogne, io ho sempre cercato un modo per uscire dal buio che mi circondava perché la spinta verso la vita era più forte delle tue braccia che mi trattenevano verso l’oscurità.

Dentro me, ho sempre saputo che mi stavi mentendo, e quando ho iniziato a rendermene conto, ho iniziato a correre il più lontano possibile per scampare alle tue grinfie. Ti vedevo grande grande, come un mostro imponente sempre in agguato alle mie spalle.

Adesso, che ho capito come agisci, come come ti comporti, e riuscendo a prevedere le tue mosse, ti vedo piccola piccola. Mentre una volta tu tenevi in catene me, ora sono io ad averti al guinzaglio, riesco a tenerti a bada, riesco addirittura a “studiarti”, a capire perché esisti. Posso dire: ce l’ho fatta.

Ce l’ho fatta, in una impresa che sembrava impossibile, ho demolito con le mie stesse forze, tutti quei muri spessi e rigidi che per anni hai costruito davanti al mio naso, impedendomi di vedere la verità.

Ciò di cui  tu mi hai sempre convinta, non era altro che una grande menzogna. Io sono degna di amore, io ho valore, io esisto e resisto.

Ho imparato che ogni ostacolo lungo il cammino della nostra vita può essere superato, che niente mi può fermare, che dopo questa grande tempesta tutto è tornato sereno, tutto è tornato a colori, tutto è tornato caldo.

Finalmente lontana da quelle tenebre, posso voltarmi indietro e guardare tutto ciò che mi è successo come se fosse un grande quadro. E da quel quadro freddo e dai colori cupi, prendo ispirazione per migliorarmi sempre più e  dipingere, giorno dopo giorno, un presente ed un futuro più caldo, più vivace, un futuro in cui il pennello lo impugno io, e non tu, maledetta.

Addio!

 

[Lettera firmata]

Lettera aperta all’anoressia

“Hai bussato alla mia porta, ma io non ti ho sentita e ti ho lasciata fuori di me per qualche anno. Poi ci hai riprovato, determinata a irrompere nella mia vita per avere un posto da regina.

Io non ti ho aperto, ma questa volta ci sei riuscita da sola.

Hai rotto ogni barriera e a poco a poco mi hai invaso testa e cuore.

Mi hai sciupato nel corpo e nell’anima, rendendomi una ragazza priva della sua vera corporeità e del suo sorriso. Hai rubato calore al mio cuore e tranquillità alla mia mente, facendomi sentire sola e irrequieta.

Mi hai tolto la voce, mi hai tolto la bellezza del sognare e del desiderare, facendomi vedere solo il dovere e l’aiuto del prossimo. Mi hai trasportato in un mondo buio di schemi e organizzazioni precise e vincolanti, togliendomi ogni possibilità di errore, di sconfitta e di spensieratezza.

Mi hai fatta sentire sola, un nulla capace solo di fare tante cose che fossero prive di piacere, immergendomi nella monotonia e nella serietà più profonda. Mi hai fatta sentire un corpo vagabondo, un’anima triste e imprigionata.

Ma la cosa peggiore è che mi hai portato via l’affetto per la mia famiglia, riducendo la voglia di condividere con loro i miei giorni. Mi hai portato verso pensieri impensabili e distruttivi.

Hai cercato di portarmi via anche l’amore per il mio ragazzo, ma lui ha resistito, ti ha sfidato e lentamente, con sempre più forza ti sta combattendo insieme a me.

Mi volevi portare via la vita, mi volevi togliere il futuro, mi volevi far dimenticare la bellezza e il piacere di vivere, mi volevi rubare l’amore.

Io non te l’ho permesso.

Mi sono fermata prima dell’arrivo della notte nera. Ti ho scoperto e ho trovato un bagliore di luce, quell’amore verso gli altri che mi ha fatto ritrovare il mio coraggio.

Dovevo affrontarti, ma da sola non ce la facevo più.

La fede mi ha spinto e mi ha aiutato ad accettare l’aiuto di persone specializzate. Non è stato facile aprirsi, accettare di aver bisogno di qualcuno, sforzarsi di credere di averti, sforzarsi nel mangiare di più, eliminare impegni di troppo, superare il silenzio in casa… e potrei continuare con un lungo elenco di fatiche e dolori, ma mi fermo.

Mi fermo perché non voglio ricordare i tuoi continui tentativi di farmi ritornare dentro la tua prigione, anche perché ancora mi tormenti, ancora bussi alla mia porta e non mi vuoi proprio lasciare in pace. So che starai sempre sulla soglia, ma non voglio più avere paura di te.

Invece, oggi, mi spaventi ancora.

Mi togli ancora il sorriso e la positività, ma fortunatamente sono riuscita a ritrovare l’entusiasmo di vivere, facendoti uscire sempre di più dal mio cuore.

Ora manca la mente, dove continui ad abitare qualche pensiero e quando uno di loro si presenta mi rendi solo più confusa, nervosa e silenziosa. Sei troppo determinata, troppo violenta e troppo manipolatrice.

Perché mi tormenti così tanto? Cosa vuoi da me?

Ti chiedo solo di lasciarmi vivere e di lasciarmi risplendere per quella che sono. Anoressia è tempo di andare, è tempo di diventare un ricordo e un insegnamento dal quale fortificarmi, ma io non posso e non voglio più tenerti dentro di me, dentro i miei pensieri.

Ho bisogno della vita, ho bisogno della vera me, ho bisogno dell’Amore vero.

Io, ora, cerco il sole.”

 

[Lettera firmata]

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