La nostra associazione ha avuto il privilegio di collaborare con il giornale L’Azione, settimanale della Diocesi di Vittorio Veneto, per la stesura di un articolo sui Disturbi del Comportamento Alimentare riguardante il fenomeno che sta diventando un problema sempre di più importante per i giovani di oggi: la seconda causa di morte dopo gli incidenti stradali.

Nell’articolo inoltre sono state riportate l’intervista alle dottoresse Fontana e Titton dell’ULSS 2, e l’esperienza e la riflessione di Chiara Andreola, autrice di “Fame d’Amore”, un libro sui disturbi del comportamento alimentare.

Di seguito riportiamo l’intervista alla nostra presidente Paola Scroccaro:

Presidente Scroccaro, cosa rappresenta questa malattia per una famiglia?

«È come cadere in un precipizio… È una malattia straziante, che fa nascere mille sensi di colpa nei genitori, per non essersi accorti, per non aver agito prima, per il dubbio riguardo alle proprie capacità di educatori.

È una malattia che colpisce tutta la famiglia, genitori e fratelli compresi. Ognuno elabora la malattia del familiare in silenzio, per conto proprio. È una situazione in cui  occorre che tutti si mettano in gioco, sviluppando un comunicazione tra genitori e con i figli, con la famiglia tutta chiamata a diventare forte.»

 

Quali attività svolgete come associazione?

«Svolgiamo attività in gruppi di Mutuo Aiuto, con la presenza di uno psicologo specificamente preparato che partecipa a titolo di volontariato, facilitando il dialogo tra i partecipanti. Il gruppo diventa un aiuto importante per più motivi: si riflette insieme sull’esperienza di dolore, di angoscia che si sta vivendo, ci si scambiano informazioni sugli atteggiamenti e sulle diverse fasi della malattia. Ci si supporta reciprocamente.

C’è poi l’attività di sensibilizzazione ed informazione attraverso incontri pubblici, come quello organizzato nel marzo scorso a Conegliano, nell’occasione della Giornata nazionale del Fiocchetto Lilla. Un altro incontro, in collaborazione con tutte le associazioni del Veneto, si terrà il 9 novembre a Belluno.

Inoltre, come associazioni ci stiamo adoperando presso le Ulss affinché alle persone con disturbi alimentari vengano assicurate le cure adeguate, con la presenza delle figure professionali necessarie, senza che ci siano riduzioni di personale o di ore, interventi dilazionati, ecc.»

 

Quali consigli si sente di dare alle famiglie?

«Di rivolgersi al medico di base o al pediatra non appena si ha qualche dubbio o si coglie che qualcosa non va riguardo all’uso del cibo, o ad alcuni  comportamenti persistenti. E comunicare loro in modo aperto, senza timori.

Un altro consiglio è di affidarsi con serenità ai Centri del nostro territorio, dove ci sono team composti da più figure – psichiatra, nutrizionista, internista – che seguono tutti gli aspetti della malattia. Il Veneto è una delle regioni che può vantare percorsi di cura ottimali, mentre ci sono regioni, come la Sardegna, priva di Centri.»

 

Uscire dal tunnel richiede tempi lunghi, vero?

«Dipende dalla tempestività con cui si interviene, prima si arriva e meglio è. Certamente è un percorso richiede tempi lunghi, perché c’è una condizione di pensiero che occorre “ricondizionare”, e ciò richiede tempo. Ma, anche se c’è il rischio di ricadute, da questi disturbi si può guarire!»

 

Lei quale lezioni ha tratto da questa esperienza?

«Ho imparato che una persona non puoi mai essere sicura delle proprie conquiste. A volte credi di aver raggiunto il massimo nella tua famiglia per poi scoprire che c’è il castello che cade giù… Ho imparato che occorre essere sempre pronti al cambiamento.

Queste prove non lasciano mai indenni. Allo scoraggiamento iniziale segue una sofferenza profonda, che però poi porta ad una rigenerazione, alla possibilità di essere adulti e genitori migliori, che possono portare agli altri un esempio, un’esperienza che può generare benessere.

Da questi problemi, pur con tanta fatica, si può uscirne. E si può diventare più forti di prima, perché si indossano “occhiali nuovi” per guardare con più attenzione ai sentimenti, alla persone. Ci si sente più vicini alle persone, più solidali nei confronti degli altri. E questo “darsi” genera un bene che è trasversale, fa abbassare le maschere e ci fa vivere in modo più autentico.»

Franco Pozzebon